Nuovi investimenti per residenze studenti e più borse di studio legate a merito

Il Ministro all’evento organizzato da Obiettivo Studenti che si è svolto all’Università degli Studi di Milano

Il Ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, intervenendo all’evento ‘Università: incontro e conoscenza’ organizzato da ‘Obiettivo Studenti’ presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano, ha toccato diverse tematiche.

 

Rivedere settori scientifici disciplinari

Dobbiamo dare ai corsi di laurea un’architettura originale. Negli anni la scienza e le materie sono cambiate. La complessità va affrontata in modo diverso. Per farlo l’attuale semplificazione in tanti settori scientifici disciplinari, che vanno a comporre il corso in modo stretto, deve essere rivista. Dobbiamo dare al corpo accademico più flessibilità per fare proposte nuove, mantenendo alta la qualità, specificando il perché si usano determinati strumenti ma derogando agli attuali limiti.  

L’università è e resta il luogo del sapere della trasmissione del sapere alle future generazioni affinché possano portare sempre a un mondo possibilmente migliore. È il vero caposaldo della risorsa umana. Lo vediamo oggi dopo che per un po’ di anni si è pensato che competenze e conoscenze fossero inutili: questo è stato un disastro. Perché senza conoscenze e competenze non è possibile prevedere il futuro né evitare i rischi che ogni periodo porta con sé. 

Il fatto che siamo arrivati a questo sui guai e i rischi del cambiamento climatico è un problema legato sicuramente a un non ascoltare quel mondo della scienza e della conoscenza che avvisava di questo cambiamento tanto anni fa e a non dargli un ruolo nella governance. Il problema ha riguardato una politica che si è molto allontanata da questi aspetti, anche se credo che oggi la possibilità di cambiare passo e ridare il giusto ruolo a formazione e ricerca ci sia.

 

Investire in residenze per studenti

Noi abbiamo un’idea di campus molto diversa da quella degli Stati Uniti. I nostri campus sono aperti, sono una continuità con la città dove l’università assume un ruolo centrale. Su questo si è già investito, ma i fondi saranno molto di più. 

Noi abbiamo 1,1 miliardi da destinare edilizia e infrastrutture per i prossimi 12 anni, più le risorse del PNRR che ne prevede altrettanti. La cosa importante credo sia attrarre gli studenti, riportarli in presenza non come obbligo ma come la risposta alla richiesta degli studenti stessi. Per le residenze, l’investimento che faremo dovrebbe raddoppiare se non triplicare i posti letto. L’aspetto importante per questo investimento sarà il cambio della norma: il contributo dello Stato arriverà al 75% a fronte dell’attuale 50%, permettendo agli atenei di trovare modi più agili per il cofinanziamento, e saranno misure che non prevederanno nuova occupazione di suolo pubblico. Sarà anche bello dal punto di vista della ristrutturazione di tante aree urbane che abbiamo, non solo nelle grandi città ma soprattutto nella provincia. Questo investimento risolverà alcuni problemi, non tutti. Dovremo cercare di trovare un accordo pubblico-privato che sia vantaggioso e che eviti comportamenti poco leciti.

 

Più borse di studio legate a merito

Agire per l’inclusione ha diverse leve. La prima è agire sulle tasse. Per la soglia ISEE, una misura dalla quale non si torna indietro, preferisco aumenti graduali e non balzi improvvisi. La no tax area è una misura che deve essere accompagnata anche dalle borse di studio, legate al merito, che credo già da quest’anno possa venire compensata dalle risorse del PNRR, ma bisogna pensare a cosa succederà tra cinque anni, stabilizzando nel frattempo il sistema perché anche senza le risorse del PNRR non ci siano più gli idonei senza borsa. Sarebbe interessante usare lo strumento delle borse di studio per attrarre studenti e studentesse, soprattutto, verso le materie STEM, verso quelle discipline che tutti ci chiedono. Metto anche questo nel diritto allo studio è anche poter scegliere il proprio futuro incondizionati dai tanti stereotipi.

 

Aumentare organico docenti per ridurre gap con altri paesi

La contraddizione tra pochi laureati e posti limitati è evidente. Si può superare con un aumento dell’organico delle università. Noi abbiamo un rapporto docenti-studenti di 1-29, in Inghilterra è 1-12, quindi è inutile paragonarci ai ranking internazionali. Sto cercando di portare avanti un piano quinquennale con la finanziaria di aumento di docenti e personale tecnico-amministrativo, per portare questo rapporto docenti-studenti il più in basso possibile, sapendo che la media europea è di 1 ogni 21 che vorrebbe dire 30.000 persone in più. Poi servono gli spazi. Su quelli per i laboratori credo che la collaborazione tra Università e con gli enti di ricerca per aprire reciprocamente i propri spazi sia un metodo fondamentale perché non possiamo quintuplicare gli spazi e poi non usarli al 100%. Questo consentirebbe di evitare i numeri programmati non dettati dal fabbisogno ma dalla non sufficiente offerta didattica e formativa. Altro è il discorso sull’accesso programmato dettato dal fabbisogno. Questo è un discorso di serietà: è vero che la formazione dovrebbe essere aperta ma è anche vero che formare tante figure che poi non hanno una ricaduta sociale e lavorativa crea dei problemi, soprattutto quando noi lavoriamo sempre su fondi che vengono dalle tasse dei cittadini.