Intervista ad Anna Maria Bernini - Bernini: gli Atenei devono federarsi per ritrovare iscritti

«Basta corsi di studio doppione. Contro il calo degli iscritti serve una federazione di atenei»

di Paola Ancora e Giuseppe Andriani - Il Quotidiano di Puglia

La necessità di federare gli atenei per combattere il calo degli iscritti, la formazione dei medici del futuro e un occhio al Sud preoccupato per l'autonomia differenziata: «Il confronto non si è ancora concluso», dice Anna Maria Bernini, ministra dell'Università e della ricerca e vicecoordinatore nazionale di Forza Italia, ieri in Puglia per sostenere i candidati sindaco del centrodestra al turno di ballottaggio, fissato per domani e lunedì.

Ministro, l'housing universitario è la sua grande battaglia. Nominato il commissario, a che punto sono le procedure e quanti nuovi posti letto dovremo aspettarci?

«Ben 60mila posti entro il 2026. È un impegno finora mai preso da alcun Governo. Un obiettivo ambizioso, che possiamo realizzare solo facendo squadra, anche a livello locale. Da parte nostra abbiamo semplificato al massimo le procedure e nominato un Commissario per agevolare tutti i passaggi. La prossima settimana partirà un road-show che toccherà tutta Italia. E a settembre farà tappa anche in Puglia. Presenteremo questa grande opportunità per garantire concretamente il diritto allo studio, oltre che di rigenerazione urbana, di rilancio economico e sociale».

Test di medicina, era una promessa della campagna elettorale per le Politiche 2022: è stato profondamente rivisto il criterio di selezione delle matricole, con un semestre aperto a tutti. I medici, però, hanno storto il naso, mentre Anvur - proprio ieri sul Sole240rc - lancia l'allarme: 81mila laureati nel 2029, ma si teme il rischio bolla e alcune specializzazioni continuano ad andare deserte. Cosa ne pensa e cosa si pub fare?

«Vogliamo una sanità equa ed efficiente per tutti. Non a caso abbiamo allargato il numero delle immatricolazioni a Medicina. Per I prossimi sette anni è stato calcolato un fabbisogno di 30mila nuovi camici bianchi. Ora stiamo lavorando sulle specializzazioni sanitarie. L'obiettivo è superare definitivamente il cosiddetto "imbuto formativo" tra numero di laureati e numero di contratti di formazione medico-specialistica. E siamo anche impegnati a risolvere criticità come la scarsa attrattività di alcune specializzazioni. Ci sono proposte anche in Parlamento su questo. Il confronto è aperto».

Ingegneri, medici, farmacisti, progettisti: le imprese cercano - secondo Unioncamere 768mila laureati, ma il 50% non si trova. Quali sono le strategie che il ministero metterà in campo per contenere questo mismatch?

«Il mondo del lavoro non va considerato un "mondo a parte". E le università non sono monadi isolate. Oggi gli atenei sono in movimento, sono impegnati a intercettare i cambiamenti, a comprendere quali saranno le figure professionali necessarie domani, ad anticipare le necessità del mondo produttivo. Come Ministero vogliamo agevolare questa loro dinamicità attraverso la riforma delle classi di laurea, con percorsi formativi più flessibili. Puntiamo a un maggior dialogo con le imprese, a fare rete col territorio, ma con un occhio anche all'estero. Cerchiamo di favorire la contaminazione tra discipline apparentemente lontane. E questo sarà un cambiamento determinante».

Il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani ha detto di ritenere comprensibili le paure e i timori sull'autonomia differenziata. Da Occhiuto a Mulè, le perplessità degli azzurri sono state molteplici. Lei cosa ne pensa?

«Io sto dalla parte del Sud. Dalla parte di un Sud che deve avere più servizi, più fondi e deve anche poterli investire bene. La legge sull'autonomia è solo la cornice, nata tra l'altro da una riforma voluta dalla sinistra. Ma adesso serve riempire con lungimiranza questa cornice di contenuti. C'è ancora un lungo lavoro da fare in Parlamento. E sarà questo lavoro a fare la differenza, per un Sud che sappia valorizzare le sue potenzialità».

Ancora l'Università: gli atenei del Sud lamentano di avere minori entrate rispetto a quelli del Nord anche per via di una minore capacità fiscale del Mezzogiorno. Un problema reale o una polemica strumentale al dibattito di questi giorni?

«La stagione del passato si è chiusa. Con il Pnrr ne abbiamo avviato una nuova. Alle università del Mezzogiorno è destinata una quota del 40 per cento sul totale dei fondi. Le risorse oggi ci sono, anche in abbondanza. il tema è dimostrare di averle sapute investite bene, e soprattutto di sapervi dare continuità. Andando oltre il 2026».

Sempre meno iscritti, alla luce del calo demografico, e sempre meno laureati nelle previsioni di tutti gli istituti di statistica Quali sono le prospettive e i rimedi a lungo termine da adottare per fermare questo inverno?

«Gli atenei si devono federare per essere più forti. L'inverno demografico, il calo di iscritti, si superano se le università ragionano come una rete e fanno squadra. Altrimenti, soprattutto le piccole realtà, rischiano di soccombere. In passato ci si è occupati di moltiplicare i corsi per rendere la propria università più attrattiva. Ma questo oggi non è più sostenibile se non in un'ottica di scambio e collaborazione. L'offerta formativa va condivisa, non sovrapposta. L'università di domani deve essere diversa da quella di ieri. Deve essere internazionale. Pensarsi in grande. Ragionare oltre le frontiere».