Nucleare, oggi, vuol dire innanzitutto ricerca e sicurezza. Ma anche pensare a tutte le migliori soluzioni perché da qui al 2050 dovremo rispondere a una domanda di energia doppia di quella attuale. Dobbiamo cambiare approccio», dice la ministra dell'Università Anna Maria Bernini che anche sull'intelligenza artificiale non ha dubbi: «L'Intelligenza artificiale è il presente. Il futuro è nelle tecnologie emergenti, nel quantum computing».
La Stempa
Nucleare, oggi, vuol dire innanzitutto ricerca e sicurezza. Ma anche pensare a tutte le migliori soluzioni perché da qui al 2050 dovremo rispondere a una domanda di energia doppia di quella attuale. Dobbiamo cambiare approccio», dice la ministra dell'Università Anna Maria Bernini che anche sull'intelligenza artificiale non ha dubbi: «L'Intelligenza artificiale è il presente. Il futuro è nelle tecnologie emergenti, nel quantum computing».
La ministra dell'Università: "I rettori hanno avuto i fondi del Pnrr, vedremo chi li ha spesi meglio Puntiamo sulla formazione delle studentesse nelle materie Stem, non esiste una differenza di genere"
L’antisemitismo - E’ il cavallo di Troia di ogni discriminazione, se attecchisce negli atenei è ancora più doloroso
Energia - La richiesta di energia raddoppierà da qui al 2050 Occorre un mix che comprenda anche il nucleare
di Flavia Amabile
Anna Maria Bernini, ministra della Ricerca e dell'Università, il G7 della Scienza si è concluso affermando che il nucleare è l'unica possibilità di energia pulita. Il governo intende tornare al nucleare?
«Nucleare, oggi, vuol dire innanzitutto ricerca e sicurezza. Ma anche pensare a tutte le migliori soluzioni perché da qui al 2050 dovremo rispondere a una domanda di energia il doppio di quella attuale. Dobbiamo cambiare approccio. Non più un'unica fonte, ma un mix di fonti energetiche integrate. Comprese quelle nucleari».
Il futuro passa per l'intelligenza artificiale. Durante il G7 lei ha chiesto "regole condivise". Quali sono?
«L'Intelligenza artificiale è il presente. Il futuro è nelle tecnologie emergenti, nel quantum computing, uno dei protagonisti della ministeriale al Tecnopolo di Bologna, con cui potremo processare quantità enormi di dati ottenendo in pochi minuti i risultati di annidi esperimenti. Presente e futuro si intrecciano in regole condivise. La tecnologia moltiplica l'intelligenza umana ma deve essere etica, democratica, redistributiva. Deve avere la persona al centro, migliorarne la qualità della vita».
L'intelligenza artificiale ha dei bias di genere. Come pensa che si debba intervenire per una tecnologia meno squilibrata?
«Continuare a puntare sulla formazione delle studentesse nelle materie STEM. Non c'è un motivo biologico per cui le donne debbano essere considerate meno portate ad occuparsi di algoritmi. Non esistono roccaforti. Ma resistono alcuni pregiudizi che possiamo superare con l'esempio di donne straordinarie che hanno fatto la storia della ricerca e della scienza. E che hanno rivoluzionato il sapere con il loro punto di vista».
Nel mondo della scienza i percorsi condivisi prevedono l'adozione di software e tecnologie dual use, civili ma anche militari. Il governo pensa di limitare le collaborazioni nel caso di dual use?
«Dal G7 abbiamo lanciato un messaggio deciso: sulle tecnologie emergenti la collaborazione è più utile della competizione. Lavoriamo insieme sul quantum e sull'intelligenza artificiale guardando agli sviluppi tecnologici ma anche ai principi etici che devono accompagnarli. Scienza e coscienza».
E sul dual use?
«E un concetto troppo vago. Ogni tecnologia, ogni oggetto può essere utilizzato con un doppio scopo. Il pc può essere usato per scrivere un'intervista o azionare una bomba. Dirò di più. Una buona parte degli strumenti che usiamo per curarci vengono dalla difesa. Ce ne vogliamo privare? Non è il mezzo in sé, ma come lo usiamo a fare la differenza».
L'Africa è parte del futuro dell'Italia, avete detto. In una gran parte del continente sono già presenti Cina e Russia. L'Italia lavorerà anche con queste due potenze?
«In Africa si gioca un pezzo importantissimo del futuro sotto il profilo demografico, economico, infrastrutturale. Abbiamo tante sfide in comune: i cambiamenti climatici, la gestione dell'acqua, le nuove tecnologie applicate all'agricoltura. La Cina è in Africa con le risorse finanziarie, la Russia con la Wagner. Noi con la cooperazione scientifica».
Magari fosse così semplice. In ogni caso nella Dichiarazione finale del G7 avete condannato l'aggressione all'Ucraina. E Israele e Palestina?
«Il mondo dell'università e della ricerca è sempre per la pace. Non ci si aspetta che possa indicare via d'uscita da un conflitto, ma può proporre una soluzione per il dopo, ed è quello che abbiamo fatto per l'Ucraina. Abbiamo immaginato una ricostruzione che non sia solo di ripristino dell'esistente. Purtroppo per il Medio Oriente serve molto altro».
L'Udu denuncia un taglio di 173 milioni al Fondo di Finanziamento Ordinario del 2024. Non si registrava dal 2013 un calo così netto delle risorse. Non crede che il suo compito sia difendere gli atenei in difficoltà mentre il governo aumenta le spese militari?
«Non commento certe indiscrezioni. Sul Fondo ordinario stiamo ancora lavorando, ma ricordo che siamo stati i primi a portarlo sopra i 9 miliardi. Le dico una cosa con chiarezza: non è una questione di soldi, ma di governance e di capacità di spesa. Negli ultimi anni le università sono state inondate di soldi. I rettori degli atenei di qualunque dimensione hanno avuto accesso a risorse enormi grazie anche al Pnrr. Risorse che hanno gestito nel rispetto della loro autonomia. Ora dobbiamo vederne i risultati. C'è un unico modo per spendere i soldi. Ed è spenderli bene».
Una ricerca dell'Ugei appena pubblicata denuncia il crescente antisemitismo nelle università. Molti studenti ebrei non si sentono sicuri e c'è chi è andato via dall'Italia. Che cosa dice a questi giovani?
«L'antisemitismo è un veleno micidiale, il cavallo di Troia di ogni forma di discriminazione. Che possa attecchire nelle università è ancora più doloroso. Il ministero è al fianco di chiunque subisca discriminazioni. Ma serve un fronte comune. I distinguo su questo tema non sono tollerabili. Per fortuna abbiamo anche registrato potenti moti di indignazione, che sono poi l'indicatore di una società sana».
Alla ripresa delle lezioni che cosa farete se riprenderanno le proteste dei movimenti filopalestinesi?
«L'università è luogo di confronto critico, dove il limite invalicabile è la violenza. Ogni manifestazione, se pacifica, è legittima. Ma gli atenei devono sapersi difendere da infiltrazioni esterne al proprio mondo. Va poi garantito il diritto allo studio di chi non vuole partecipare alle proteste. Negli ultimi mesi non abbiamo sottovalutato, né drammatizzato. Non vedo motivi perché questo approccio di responsabilità cambi».